Tornare dopo qualche anno sulle lunghe distanze è stato esattamente come riappropiarsi della propria fede e, nonostante degli ovvi cambiamenti fisici, già durante la ripresa degli allenamenti è stato soddisfacente notare come i cambiamenti non vanno a rimpiazzare quella che è l'indole.
Sono passati due anni dalla "formazione del poker" e anche se in quest'arco di tempo avrei voluto concretizzare altri eventi (sfumati per motivi burocratici e perchè non ho più la pazienza di stare dietro i vari "Poi vediamo..." e "Bisogna prendere un appuntamento") ho dovuto rendere utile questo periodo facendo ordine tra le idee e le priorità, prendendo questi impedimenti come un "segno".
La giornata della prova arriva dopo solo un mese dedicato ad una preparazione più mirata e a differenza delle altre occasioni dove ho preferito il silenzio, stavolta mi concedo anche un'ospitata sulla principale emittente televisiva regionale, esponendo per sommi capi un progetto che aveva tantissime incognite.
Per definizione, le incognite posso solo immaginarle ma non saperle quindi, come sempre, preferisco limitarmi al fatto che esistano, anche perchè in questa situazione poche cose erano certe: la non conoscenza delle strade da percorrere (con le loro difficoltà, cantieri o traffico intenso), la non conoscenza dei tempi che avrebbe richiesto la raccolta prove in ciascun sito e, nonostante tutto, che gambe e testa reggono ancora una portata di chilometri come quella del Giro di Puglia...e questo mi bastava. A rafforzare il tutto c'è il dettaglio riguardante la data della prova che, per forza di cose, è stata fissata la settimana prima di Ferragosto e si sa come sono gli italiani in questo periodo...
Tre mesi fa. Ventiquattro ore di tempo. Ventiquattro ore che già dal momento del loro avvio sono state caratterizzate da una serie di piccole difficoltà proprio con gli elementi principali di questa prova, timer e telecamere, quasi come a voler stabilire sin da subito come proprio le incognite sarebbero state "il sale" di questa giornata, un classico. Avevo fissato la partenza da Capriate San Gervasio alle 4 del mattino dell'8 Agosto ma il countdown è stato avviato alle 4.04. Non la si può assolutamente definire 'tragedia' ma se si tiene conto del fatto che ero così concentrato che il mio "timer interno" non ne voleva sapere di riprogrammarsi e si è attivato all'ora prestabilita, avevo già 4 minuti da recuperare. Lasciai prevalere la razionalità, perchè tanto il tempo per rimettersi in linea con i programmi c'era.
La prima tappa è stata Crespi d'Adda, ad un chilometro e mezzo dal via, nel buio più totale e con la presa di consapevolezza che le incognite previste si stavano già materializzando perchè in quella situazione la mia strumentazione mostrava i suoi limiti e il tempo per raccogliere le prove poteva essere un fattore davvero determinante. Ripartiamo dopo i vari "doveri da regolamento" cercando di andare oltre all'agitazione e le varie forme d'ansia anche perchè bisognava gestire una situazione dove in quel buio pesto l'illuminazione dei vari borghi che attraversavamo dava quasi fastidio, almeno finchè le primissime luci del crepuscolo mattutino, svelando il profilo delle Alpi Bergamasche, hanno creato un momento davvero suggestivo.
Arriviamo a Brescia all'alba (uso il plurale perchè questa giornata è stata affrontata anche da Doriana Scatigna, Gianleo Angelini e Marianna Soleti) dopo 64km percorsi in poco più di due ore recuperando non solo il ritardo dato dal mio "cronometro interno" ma guadagnando anche un certo anticipo sulla tabella di marcia. Fino a questo secondo obiettivo non sono mancati i primi rischi di incidenti a causa di chi non si pone nemmeno il dubbio sul perchè alle cinque del mattino ci sia un'auto tutta illuminata e piena di scritte, che procede entro i limiti indicati dalla segnaletica...però vabbè. A Brescia il primo approccio con quella che sarebbe stata la principale incognita: le aree ZTL. Solito dovere con la raccolta prove e abbiamo ripreso il tragitto in direzione Porta Venezia, fiancheggiando per un bel pò di chilometri il Naviglio Grande.

La mattinata iniziò a fare il suo corso e il traffico ormai aveva iniziato ad intensificarsi. Con una piccola sosta e una strada sbagliata al km 89 arriviamo, in base alla tabella di marcia, puntualmente al terzo obiettivo quindi i vantaggi erano finiti. Quattro chilometri fino a Peschiera del Garda e da qui ha avuto inizio il calvario. Da qui ad ogni cantiere una deviazione, spesso su strade che in bici non potevo percorrere, da qui i compromessi tra la realtà e il regolamento, tra un impegno preso e il dovere di "non essere d'intralcio" ad un traffico che era già incasinato di suo. Nel caso non fosse chiaro, l'auto doveva essere perennemente presente per le riprese continue di me e del timer ma tutto sommato con 10 minuti di ritardo sull'orario previsto arrivammo a Verona con 133km e mezzo nelle gambe. Ci allontanammo quanto prima dal centro città in direzione Castel D'Azzano per fare una sosta un pò più lunga in prossimità del Cimitero di Vigasio fino all'inizio della settima ora.

Mi presi solo un thè ghiacciato e cercai di fare il punto della situazione pensando che ci trovavamo in una fase particolarmente intensa, il traffico era superiore alle aspettative e condizionava molto i tempi già compromessi da quelli richiesti per le prove, il caldo poi iniziava ad essere prepotentemente presente e quindi bisognava rimodulare ogni programma e ogni intenzione e bisognava farlo a partire dalla tabella di marcia che dall'essere solo un punto di riferimento stava diventando anche il motivo di un ulteriore stress generale. Ripartimmo in direzione di Mantova con l'ottava ora che iniziò poco dopo il chilometro 171, giusto cinque minuti prima dell'ingresso in città, ovviamente da una strada che non era quella preventivata...figurati. Venti minuti di ritardo incrementati da ulteriori cantieri e obblighi che ci misero nelle condizioni di fare un "giro turistico non richiesto". Un'ottava ora al cui termine la percorrenza totale è di 188km con l'imminente ingresso nel borgo di Romanore.
Qualche minuto dopo lo scoccare dell'inizio della nona ora avvenne l'attraversamento del Po, con un'umidità che ormai era ben oltre l'85%. Decisi di cambiare ritmo e di avere in borraccia solo acqua in modo da potermela anche buttare addosso. I sali li assumevo solo con precise tempistiche direttamente dalla borsa frigo e quello che bisognava fare era preservare la lucidità mentale anche perchè ciò che stava incidendo di più (in senso negativo) era l'irregolarità delle soste nei rispettivi siti che a volte si raggiungevano dopo 4km e, come in questo caso, oltre 70km per raggiungere Modena. Le strade che stavamo percorrendo, poi, non mi permettevano di andare ai ritmi che avrei voluto perchè l'auto doveva sempre essere con me ma con una corsia unica, a doppio senso di marcia e dei profondi argini da entrambi i lati, i ragazzi erano in seria difficoltà. Sarei comunque arrivato in ritardo ma non sapevo che questo lasso di tempo sarebbe stato accentuato da quello che sarebbe accaduto poco dopo.
Dopo aver attraversato il borgo di Ganaceto e il quartiere di San Pancrazio, ci si trova in percorsi che non sono ottimali per la percorrenza in bici. Non essendo della zona e nemmeno nelle condizioni per formulare delle alternative a causa dell'eccessivo traffico, che è stato anche il motivo di un'allontanamento dell'auto al punto da perdere il segnale radio, nel seguire il corso della strada mi sono ritrovato ad accedere alla Tangenziale. Non potevo, non dovevo e non volevo essere lì ma potevo solo andare avanti con la speranza di riuscire ad abbandonare quel tratto alla prima uscita utile, sempre se i camion me lo avessero consentito. Io ero indubbiamente nel torto ma non credo che questo possa giustificare dei palesi tentativi di omicidio, diversamente non si possono chiamare, visto che considerando la linea della carreggiata e il mio posizionamento il più possibile a destra, non c'è stato un solo camion che abbia semplicemente mantenuto la sua corsia dal momento che le ruote non solo erano sulla destra della linea ma seguivano anche una traiettoria che oltre a tagliarmi la strada li avrebbe fatti andare inutilmente contro il guard-rail, proprio a voler sottolineare l'intelligenza di certi elementi alla guida.
Mi tirai fuori da quell'incubo e pensai a contattare quanto prima qualcuno in quell'auto, principalmente per rassicurarli, pensando soprattutto ad un modo per farlo dal momento che il mio telefono era lì con loro e tra l'altro senza suoneria da una vita. Mi fermai nel primo bar utile e al bancone, oltre quella che forse era la proprietaria, c'erano solo due clienti. In tutta tranquillità spiego la situazione (l'iperconcentrazione mi porta ad risultare zen) e, tralasciando i vari stupori, ricevo quell'umana e sincera disponibilità che è tanto confortante quanto commovente. Non credo di essere l'unico che ormai non memorizza più a mente i numeri di telefono, poi se consideriamo anche fino a quel punto avevo percorso 250km e l'ultima mezz'ora è stata tragica, ci ho messo un pò per arrivare a quella che si è sempre rivelata in extremis la soluzione migliore: chiamare mia madre.

Per farla breve, i ragazzi riescono a raggiungermi in una manciata di minuti e dopo aver rasserenato gli animi ripartiamo per raggiungere il centro di Modena. Era stata persa più di un'ora e la tensione della preoccupazione per quanto accaduto non si stava smaltendo facilmente. Il traffico continuò ad essere intenso anche in direzione di Bologna ma con una piccola deviazione verso i colli accedemmo abbastanza facilmente al Portico di San Luca quando ormai arrivò l'ora del tramonto. La nuova destinazione divenne Ferrara ed eravamo talmente tanto assuefatti dal traffico che ritrovarci in mezzo a tutti coloro che rientravano a casa dal lavoro non ci ha fatto nè caldo nè freddo anche se, da un certo punto in poi, la frustazione, mascherata da arroganza, di alcuni automobilisti mi mise nuovamente nelle condizioni di non poter più mantenere le immediate vicinanze della mia auto ma di dover utilizzare una pista ciclabile che tra l'altro costeggiava la corsia opposta e che come la maggior parte delle piste ciclabili faceva veramente cagare.
Quello è stato però il momento in cui è subentrato lo sconforto. Ero nuovamente fuori dalle riprese e probabilmente tutto quello che stavo (stavamo) facendo sarebbe stato vano, inutile, mi restava solo il tracciamento GPS in cui stavo riponendo tutta la mia attenzione sin dal "chilometro zero". In prossimità di Ferrara le strade tornano ad essere quelle corsie uniche come da Mantova a Modena e anche parecchio frequentate, con l'aggravante che era tornato anche il buio e c'era decisamente più stanchezza. Entriamo in città per i soliti doveri e usciamo subito perchè in auto qualcuno ha già iniziato a venir meno. Avevo appena equiparato il record e avevo ancora più di 6 ore a disposizione. Gambe e testa c'erano ancora anche se, quest'ultima, qualche giochetto ha iniziato a farmelo perchè mentre si procedeva in direzione del prossimo obiettivo, mi teneva lì a fossilizzarmi sulla possibile cestinazione dei filmati e poi in macchina avevo tre persone che erano lì per me ma che non ce la facevano più, sicuramente l'episodio di Modena ha avuto il suo peso, quel carico di preoccupazione su una stanchezza enfatizzata dal caldo quando già si erano affrontate più di 10 ore di attenzione continua, non ci voleva proprio... Nel frattempo stavo riattraversando il Po ma stavo attraversando anche questa fase di paranoia che se non fosse stato per Doriana, mi avrebbe continuato a trascinare in un vortice dove se avessi avuto una minima percentuale di ragione, probabilmente tutto poteva diventare realmente inutile non perchè il materiale non fosse valido ma perchè io avrei ceduto. È bastato poco, ha preso lei il controllo della situazione, ha dato direttive precise e sono arrivati gli incitamenti dall'auto, quelli belli, diretti, forti, quelli che ti "svegliano" e che in quel momento sono serviti anche a fare un cambio di impostazione mentale, la Guinness World Records avrebbe potuto decidere di non convalidare il record ma per una questione personale, di pura coerenza tra quanto detto e quanto fatto, bisognava stabilire un nuovo traguardo, anche se sarebbe restato ufficioso. Buttai giù un "paio di denti", aumentai l'andatura e ripresi velocità, al buio, senza capire una beata minchia di dove fossi finchè non comparvero le prime indicazioni per Villa Badoer. Arrivo lì, solita ritualità ed è record.
Più di quattro ore ancora a disposizione ma era opportuno decidere cosa fare. Stavo bene e fresco come una rosa, magari non proprio appena sbocciata, però cazzo...stavo bene. Ero ad appena la metà dei chilometri che fanno parte della mia portata e il prossimo obiettivo era a circa 60km però guardai negli occhi i miei ragazzi e forse stavo gli stavo chiedendo troppo. Ci pensai un pò, lì c'è anche un bar e ne approfittammo per prendere qualcosa. Una persona su tre era nelle condizioni di poter umanamente essere alla guida ma ciò che non era umano era il carico di responsabilità che avrebbe avuto e con questa consapevolezza non so come avrei pedalato. Decido di fermare tutto lì e decido anche che avrei guidato finchè non si fossero ripresi o finchè non avevo necessità di dormire, bisognava rientrare in Puglia. Sulla strada del rientro ho pensato spesso a questa decisione, non ha mai prevalso l'egoismo del "sarebbe stato meglio se avessi continuato" ma è stata una di quelle scelte che indubbiamente mi ha posto davanti alle porte di un qualcosa di nuovo e ora bisogna capire cos'è ma intanto il record è stato convalidato e ora sono cinque!
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